Un incontro. Inatteso. Improvviso. Che ti cambia la vita per sempre. Questa l’esperienza di Saulo di Tarso. Questa l’esperienza di Alfonso Ratisbonne. Questa l’esperienza... tua. Ma solo se lo vuoi davvero. Perché cambiare vita è faticoso. Perché quando gli occhi, dopo anni di cecità, finalmente si aprono, fanno male. Fa male la luce che entra a fiotti, diradando quasi con violenza le fitte tenebre a cui ti eri ormai abituato. Fanno male le bende quando vengono strappate da una forza invisibile. Ma poi c’è la gioia. C’è la pace. Ci sono lacrime di gratitudine infinita. Perché Dio ci vuole felici. E cambiare vita, per seguire Lui, è l’unica strada sicura per raggiungere la felicità.

Una settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Tempo forte in cui chiedere il balsamo della misericordia e l’unguento dell’unità su antiche ferite che bruciano ancora. Poi, il 25 gennaio, la Conversione di san Paolo. E il giorno seguente, per noi, alla Cittadella dell’Immacolata, una festa grande. Per ricordare la conversione di un altro ebreo. A Saulo “caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista” (At 8,19). Così fu per Alfonso Ratisbonne: “La benda cadde dai miei occhi; non una sola benda, ma una quantità di bende che mi avevano avvolto disparvero, una dopo l’altra, rapidamente, come la neve, il fango e il ghiaccio sotto l’azione del sole cocente”.

Sì, il sole. Il Sole della fede. Che ha brillato attraverso un purissimo Cristallo. Tanto trasparente da irradiarne la luce con una potenza straordinaria: “Caddi in ginocchio. Cercai varie volte di alzare gli occhi verso la santissima Vergine, ma la riverenza e lo splendore me li facevano abbassare”. Sì. È stata Lei, l’Immacolata, a farsi mediatrice potente e misericordiosa della con-versione di questo figlio speciale. Doppiamente speciale perché appartenente al suo stesso popolo. “Fissai le sue mani, e vidi in esse l’espressione del perdono e della misericordia. Alla presenza della Santissima Vergine, benché ella non mi dicesse parola, compresi l’orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della religione cattolica; in una parola, compresi tutto”.


E domenica 26 gennaio anche noi abbiamo riscoperto di essere bisognosi di conversione. “Voi credete in Dio?”. Questa la domanda provocatoria che ha aperto, a bruciapelo, la catechesi di p. Santo Donato. Per scuotere le coscienze, spesso assopite in un cristianesimo tiepido o solo di facciata. “È facile credere in un Dio che non si ama, non si conosce, non si segue. A convenienza tua ti crei un Dio a tua misura, che ti fa comodo. E in fondo in fondo, il tuo Dio è il tuo io”. Una lettura realistica e forse cruda della mentalità contemporanea. Dominata da un idolo potentissimo e molto seducente: l’egocentrismo assoluto, legittimato ed esasperato – divinizzato, appunto – davanti al quale ogni riferimento etico o religioso crolla tacitamente.


Quale dunque il rimedio? Ricordarci che “dopo il peccato originale, siamo tutti malati”. E che possiamo “uscire e guarire da certe malattie solamente se permettiamo a Gesù di entrare dentro di noi. Attraverso una vita cristiana autentica”. Nutrita dai sacramenti. Da una preghiera vera. Dal confronto coraggioso e sincero con una guida spirituale. Allora possiamo farcela. Soprattutto se, come Ratisbonne, ci lasciamo conquistare dall’Immacolata. “La Madonna è l’Onnipotente per grazia! Buttati ai piedi di Maria, e vedrai che uscirai da qualsiasi peccato o malattia spirituale!”.


“Maria”: questa l’unica parola che Alfonso volle fosse scritta sulla sua tomba. Che si trova non in Francia né a Roma, ma in Terra Santa, ad Ain-Karim. Il luogo dove Maria visitò Elisabetta. L’ultimo, eterno grazie a quella benedetta “visita” con cui la Vergine gli aveva cambiato la vita. Ce lo ha raccontato p. Francesco nella concelebrazione serale. Nella quale il tocco di Maria ci è giunto anche attraverso l’acqua di Lourdes, accolta con gioia dai numerosissimi fedeli presenti e usata per il rito dell’aspersione. Memoria viva del Battesimo, da cui ripartire sempre di nuovo per un cammino di continua conversione.



E nell’omelia, ancora tanti spunti di riflessione. A partire dalla “strana” preghiera di Ratisbonne. Da cui tutto ha avuto inizio. Una preghiera che Teodoro De Bussière chiese all’amico ebreo di recitare, dopo aver indossato la Medaglia Miracolosa, per vincere una scommessa. E proprio quella preghiera, recitata solo “per gioco”, ha attirato l’intervento prodigioso di Maria. Anche la nostra preghiera quindi non deve essere necessariamente “sentita”, ma piuttosto fedele e perseverante. Al di là di emozioni e stati d’animo altalenanti. Poi, l’apparizione: un incontro con la Bellezza che cambia per sempre la mente, il cuore, la vita, le scelte di Alfonso. Ecco allora i frutti: il battesimo; l’ordinazione sacerdotale; la fondazione di una congregazione religiosa; l’ardore apostolico. Una vita davvero santa.



E dopo la Messa, immancabile la distribuzione delle Medagliette miracolose. Per fare memoria di quel piccolo, prezioso segno così legato alla conversione di Ratisbonne. Un invito anche per noi a chiedere il “miracolo” più grande: la conversione nostra e dei nostri fratelli. La gioia incontenibile è poi sfociata in festa con un’allegra agape fraterna. In cui ci siamo riscoperti fratelli e sorelle uniti sotto il manto dell’Immacolata. E dove c’è Lei, che è Mamma, c’è spirito di famiglia. C’è affetto sincero. C’è condivisione semplice e calorosa. Nella comune preghiera così come nello svago del gioco.





E ancora, nei giorni successivi, tanti incontri gioiosi. Tra i gruppi accolti, l’Associazione BIESSE, il gruppo del Rosario (RC) e la Comunità Neocatecumenale della parrocchia del Rosario (Villa san Giovanni). Ma anche la gradita visita di don Gaetano Ce-ravolo, Orionino, Rettore del Santuario dell’Incoronata (Foggia), con alcuni laici. E poi, il caro amico don Francesco Cristofaro e alcuni sacerdoti della diocesi di Oppido-Palmi, venuti a conoscere più da vicino la Cittadella e la nostra Fraternità. E c’è stato spazio anche per una piccola missione. Un momento formativo guidato da p. Pasquale Triulcio e sor. Francesca Schiavone al Liceo Artistico Preti-Frangipane di Reggio Calabria. In occasione della Giornata della Memoria. Per ricordare non solo un orrore da non ripetere mai più. Ma anche tanti testimoni di umanità e di fede. Che hanno portato nell’inferno dei campi di concentramento il profumo del Paradiso. A partire dal nostro caro s. Massimiliano Maria Kolbe.



Cambiare vita. Sia questo il nostro impegno nei giorni che seguiranno. Ci incoraggino su questa strada i luminosi esempi che abbiamo contemplato. Per passare dall’io a Dio. Dalle tenebre del nostro egoismo alla luce del Suo Amore. Che dilata il cuore fino ai confini dell’intera umanità. E diventa luce che rischiara il buio di tanti altri cuori. Attraverso la potente, luminosa e dolcissima mediazione dell’Immacolata.
