In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».
Più volte i Vangeli ci mostrano Gesù in preghiera (cfr. per esempio Giovanni 6,15; Matteo 14,23; Marco 6,46; Luca 5,16; 6,12). Lo farà anche nel Getsemani la notte del Giovedì Santo prima della Passione (cfr. Matteo 26,36). E in qualche occasione, come nella pericope di oggi, l’Evangelista ci rivela anche il contenuto della preghiera di Gesù. È un’esultanza gioiosa che ci lascia intravedere l’intimità infinita che anima la relazione tra il Padre e il Figlio.
Fermiamoci un attimo: cos’è la preghiera per noi cristiani? Prima ancora che l’esibizione di una lista più o meno lunga di bisogni e richieste deve essere un entrare – perché invitati a farlo da Gesù stesso – nella relazione tra Lui e il Padre. Questo deve essere l’inizio di ogni preghiera! Questo vuol dire “pregare nel Suo Nome”: «E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio» (Giovanni 14,13). Se entriamo nella relazione tra il Padre e il Figlio impareremo a pregare nel Suo Nome ossia sarà lo Spirito Santo che ci aiuterà a fare spazio nei nostri cuori ai desideri che Dio stesso vuole ispirarci! E se Dio ci ispira un desiderio è perché vuole realizzarlo attraverso la nostra vita.
È dunque fondamentale coltivare questa intimità e questo “farsi piccoli” – che è la condizione che oggi Gesù indica come fondamentale per comprendere l’agire sapiente di Dio – perché tante volte non sappiamo nemmeno cosa chiedere o cosa sia davvero il bene per noi. Ce lo ricorda anche l’Apostolo Paolo: «Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili» (Romani 8,26).
Una preghiera che si allinei alla prassi di Gesù inizia sempre con la lode. Impariamo a lodare Dio, a benedirLo, a ringraziarLo, per ogni cosa! È nostro Padre, l’Abbà ossia il Papà col quale possiamo permetterci la confidenza, l’intimità, al quale dobbiamo manifestare prima di ogni altra cosa la gratitudine e la fiducia illimitata che può addirittura “sorprendere” Gesù e farlo felice quando questa fede/fiducia è proprio assoluta, come ci ha dimostrato il brano evangelico del centurione che abbiamo ascoltato ieri (cfr. Matteo 8,5-11). Non c’è altra via per conoscere il Padre se non il Figlio nella Sua santa umanità e d’altra parte non c’è altro modo di conoscere il Figlio se non entrare in comunione col Padre Suo. Siamo tutti invitati ad entrare in questa amicizia divina.
È possibile davvero? Ci stiamo raccontando favole? Senti cosa dice Gesù: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi» (Giovanni 15,15). Siamo amici di Dio perché Gesù ci ha fatto conoscere ciò che ha udito dal Padre nelle sedi eterne. Prima ancora del colpo di lancia è il Suo Amore per noi che gli ha aperto il Cuore permettendoci di entrarvi per conoscere finalmente l’Amore vero che è la relazione tra il Padre e il Figlio nello Spirito Santo. E come si fa ad essere amici di Gesù? Ascoltiamo ancora il nostro Maestro: «Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando» (Giovanni 15,14). E cosa ci comanda? Ecco il cuore della nostra vera figliolanza: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Giovanni 15,12-13).
Siamo giunti al culmine della rivelazione di oggi. La preghiera è una chiamata ad entrare nell’intimità di Dio come figli e non in modo “privato” perché noi non siamo «più stranieri né ospiti, ma […] concittadini dei santi e familiari di Dio» (Efesini 2,19). Pur pregando fisicamente da soli nella nostra stanzetta dobbiamo sentirci parte di una storia immensa di amore e di salvezza in comunione con i nostri fratelli sulla Terra e con l’immensa comunità dei Santi in Paradiso. Dentro questa consapevolezza deve muoversi la nostra preghiera. Poi verrà la preghiera di richiesta per i nostri bisogni, l’intercessione per chi si raccomanda alle nostre preghiere, il racconto a Dio dei guai che affliggono il mondo… Ma il primo passo è un atto di amore e di fiducia verso Dio che è mio Papà!
Con questa consapevolezza posso finalmente trasformare la mia preghiera, posso smettere di dire a Dio quanto sono grandi i miei problemi per cominciare a dire ai miei problemi quanto è grande Dio che è il mio Papà. Per questo occorre essere evangelicamente “piccoli”. Questa piccolezza che può essere letta in tanti modi rimanda anche alla nostra esperienza umana di bambini: un bambino si fida ciecamente del papà e della mamma per un motivo semplicissimo: perché si sente amato e custodito. Sarò “piccolo” allora quando dinanzi a situazioni che mi fanno soffrire e che umanamente potrebbero farmi sentire “abbandonato”, anche da Dio, riuscirò a dire, seppure col volto rigato di lacrime e l’anima segnata da ferite profonde: “Signore, non capisco, ma mi fido e mi affido a Te!”.
Un’ultima cosa riguardo alla nostra partecipazione alla S. Messa. Quando l’abitudine o la noia o anche la “pancia piena” delle cose sacre potrebbero portarmi a partecipazioni solo fisiche, ma con lo spirito lontano, distratto e annoiato, dovrò ricordarmi di queste parole di oggi che Gesù dona alla mia vita: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono». Beato tu, se ti ricordi che nella liturgia eucaristica “ascolti personalmente” il Risorto che parla alla tua vita e “vedi con i tuoi occhi” il Suo Corpo e il Suo Sangue realmente presenti nell’Eucaristia. Uscirai “beato” dalla celebrazione. Sicuramente fuori della porta della Chiesa ti aspetteranno i problemi di sempre, ma sarai tu ad essere cambiato, beato/felice di avere ascoltato la Parola del tuo Signore e aver mangiato il Suo Corpo e il Suo Sangue. Questo i “sapienti” e i “dotti” di questo mondo non potranno capirlo perché troppo impegnati a credere in sé stessi… Tu invece, piccolo e fragile, sarai beato perché ti sei accorto che senza merito sei stato chiamato ad entrare nel Cuore dell’Amore.
Non trovo modo migliore per concludere la meditazione di oggi che mettermi in ascolto con voi di ciò che ci insegna l’Apostolo Paolo: «Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati nell'uomo interiore mediante il suo Spirito. Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità, e di conoscere l'amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio» (Efesini 3,14-19).
Caro Gesù,
un fremito di sorpresa oggi
attraversa il mio cuore.
Tante volte ho pensato
che per poterTi incontrare e conoscere
fosse necessario essere
un “grande” uomo di preghiera,
un “grande” teologo,
un “grande” esperto di Sacra Scrittura,
mentre in realtà,
dietro questo desiderio di “grandezza”
si nascondeva solo il bisogno
del mio “io” obeso di essere “grande”
agli occhi miopi e malati del mondo.
Oggi sulle cateratte dei miei occhi
versi il collirio della Tua Parola
e finalmente “vedo” tutta la bellezza
dell’essere “piccoli”,
unica condizione
per entrare nell’intimità
fra Te e il Padre Tuo,
unica condizione per comprendere
il Vostro pensare e agire
che è sempre per il mio bene.
Posso finalmente gridare
a tutto ciò
che vorrebbe rendermi sordo
ai richiami della speranza
che invece sono beato
perché ascolto la Parola del mio Signore.
Posso finalmente gridare
a tutto ciò che vorrebbe rendermi cieco
alla bellezza della vita
che invece sono beato
perché i miei occhi Ti vedono
realmente presente nell’Eucaristia.
E mi arrendo: non ho più bisogno
di costruirmi grandezze fragili.
Ora sono veramente forte
nella mia piccolezza
infinitamente amata da Te.
Buona giornata a tutti! La Mamma Celeste ci benedica e sorrida sempre!