In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca.
Momento solenne quello narrato nel Vangelo di oggi. Gesù torna a Nazaret, la città nella quale aveva vissuto fino all’inizio della Sua vita pubblica ed entrato nella sinagoga legge e poi commenta, come era costume fare, un brano dell’Antico Testamento. Sembra che tutto stia andando bene perché, annota Luca «Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca».
In realtà, se leggiamo anche i versetti seguenti ci accorgiamo che nasce una grande ostilità nei confronti di Gesù: «All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino» (Luca 4,28-30). Gesù infatti aveva appena ricordato che «nessun profeta è bene accetto nella sua patria» (Luca 4,24). È l’inizio doloroso della Sua missione, reso ancora più drammatico dal fatto che coloro che adesso lo rifiutano dovrebbero in realtà conoscerLo bene perché sono i Suoi compaesani.
L’Apostolo Giovanni annoterà il dramma di Dio il cui Amore non viene accolto: «Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto» (Giovanni 1,10-11). Gesù dunque legge un brano del profeta Isaia che è in realtà il “programma” del Messia atteso. Ed è un programma volto integralmente alla salvezza dell’Uomo. Si potrebbe parlare davvero di un “umanesimo integrale” che lungi dall’essere solo una posizione antropologica e filosofica, mette in evidenza come al centro del Cuore di Dio c’è l’Umanità! Possiamo dire senz’altro, alla luce del Natale e della Pasqua, che noi uomini siamo la “debolezza” di Dio; che Dio ha davvero “un debole” per noi! E lo ha dimostrato dando il Figlio Unigenito per la nostra salvezza (cfr. Giovanni 3,16).
In cosa consiste questo programma? Innanzitutto Gesù ribadisce la Sua comunione con lo Spirito Santo. Lo dicevamo anche l’altro ieri commentando il miracolo della moltiplicazione dei pani: Gesù non agisce “da solo”, ma sempre in comunione col Padre e lo Spirito. Sì, perché la “forza” di Gesù non è solo espressione della Sua carismaticità, ma dell’unità con il Padre e lo Spirito e tutte e Tre le Persone divine agiscono “per noi, con noi e in noi”. Poi afferma che lo Spirito lo ha mandato «a portare ai poveri il lieto annuncio». Qual è questo annuncio?
Che Dio è Amore e che si prende cura dei Suoi figli come il Pastore buono e bello che va a cercare le pecore smarrite (cfr. Luca 15,4-7) e dà la vita per loro (cfr. Giovanni 10,11).
È l’annuncio di un Dio che si fa Uomo come noi (cfr. Giovanni 1,1-3) e che proclama beati tutti coloro che avrebbero motivo di essere disperati (cfr. Matteo 5,1-12).
È l’annuncio di una vicinanza che si fa lotta contro il Male per liberarci dalla sua schiavitù (cfr. Luca 4,1-13) e lotta contro la Morte per dirci che non apparteniamo più al regno delle tenebre, ma al Regno della Luce (cfr. Giovanni 11,38-44).
Ed è un Dio capace anche di inginocchiarsi dinanzi ad una prostituta per farle sentire la misericordia di Dio (cfr. Giovanni 8,1-11) e di farsi accompagnare incontro al Padre da un ladrone (cfr. Luca 23,43).
Sì, lo possiamo gridare sui tetti: Dio si è fatto vicino, per sempre ad ognuno di noi.
È la consapevolezza di essere destinatari di questo annuncio che ci farà aprire gli occhi sul fatto di essere amati da quel Dio che prende l’iniziativa e ci ama per primo (1Giovanni 4,10); e ci restituirà la libertà dei figli di Dio liberati da ogni oppressione, soprattutto quella derivante dalla paura della morte. Che Lui ha vinto! Per noi! Sarà bene ricordarci, con animo grato che quello che dice Gesù: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» vale per ognuno di noi. Quel mistero che in pienezza e definitivamente si è avverato nella Persona di Gesù duemila anni fa, oggi vuole compiersi nella nostra vita.
Ma sappiamo ormai che Gesù non impone nulla a nessuno per cui potrà compiersi solo a misura della nostra fede, della nostra personale, libera e consapevole decisione di accogliere Gesù come Signore della nostra vita, di fare nostre le Sue Parole, di farlo diventare la Roccia sulla quale costruire le nostre scelte. Se non faremo questo lavoro quotidiano anche noi fisseremo spesso lo sguardo su Gesù, restando a volte meravigliati dalla Sua Sapienza e pur sempre pronti, però, a riempirci di sdegno come i Suoi compaesani se poco poco i Suoi disegni si discostano dai nostri, se le Sue vie sono diverse dalle nostre, se i nostri pensieri sono in contraddizione col Vangelo della vita, dell’amore e del perdono.
Caro Gesù,
tante volte mi sono chiesto
cosa dovessero provare
coloro che Ti sentivano parlare
e annunciare il Regno del Padre Tuo
con gli accenti entusiasti
di un Figlio innamorato.
E mi ritrovo tra la folla di duemila anni fa
i cui occhi erano fissi su di Te.
Ma il passaggio dallo sguardo ammirato
allo sguardo “sdegnato” e pieno di indifferenza
è molto breve e veloce per noi esseri umani,
come veloce è il nostro modo
di cambiare idea, su di Te,
su noi stessi, sul mondo che ci circonda.
Forse perché abbiamo paura...
dell'Amore...
Ma Tu, anche se sperimenti
la freddezza della nostra fede vacillante,
continui a dirci che il Regno del Padre Tuo
è vicino ad ognuno di noi!
Si è fatto vicino
nella Tua carne profumata di Bambino;
nella Tua carne ferita dai chiodi;
nella Tua carne che il Sepolcro
non ha potuto trattenere;
nella Tua carne nascosta nell’Eucaristia.
E si è fatto vicino e si fa vicino
anche attraverso la vita di tanti
uomini e donne di buona volontà
che hanno creduto e credono
che ogni bene fatto a qualsiasi uomo
è fatto a Te in Persona.
Sì, perché con l’Incarnazione,
la Tua carne non è più solo
“vicino” a noi, ma “in noi”.
La nostra umanità è diventata la Tua
perché la Tua divinità diventasse la nostra.
Cosa può spaventarci ancora?
Buona giornata a tutti! La Mamma Celeste ci benedica e sorrida sempre!