Omelia mons. Giuseppe Fiorini Morosini
al funerale della mamma di p. Francesco Iermito
Appena ho avuto notizia della morte della signora Carmela, mamma del carissimo p. Francesco, ricordando il suo volto gioioso il giorno dell’ordinazione del figlio, mi sono venute immediatamente in mente queste parole della sequenza che cantiamo a Pasqua: “Mors et vita duello conflixere mirando: dux vitæ mortuus regnat vivus”. La morte e la vita si sono affrontate in uno straordinario combattimento. L’autore della vita, morto, regna vivo. É racchiusa in queste parole tutta la fede pasquale. Dinanzi all’apparente fallimento di Gesù, che rendeva momentaneamente assurda la fede degli apostoli, c’è la certezza di ciò che può apparire contraddizione: chi è morto, vive. Nel conflitto terribile tra vita e morte, vediamo che è sempre la vita che trionfa, non la morte. Penso in questo momento alla malattia lunga e dolorosa, con alti e bassi, con timori e speranze, che ha provato la fede di tutti. Innanzitutto la sua, quella della signora Carmela, poi la tua, quella di tuo padre e di tutti i tuoi familiari, quella dei tuoi confratelli che ti sono stati accanto e hanno trepidato e sperato con te, sostenendo con la preghiera questo terribile conflitto tra vita e morte, che si è prolungato per il tempo in cui è durata la malattia di tua mamma
All’interno di questo conflitto, combattuto attorno all’esistenza e alla fede di tua madre, si è svolto anche l’ultimo tratto di strada del tuo cammino sacerdotale. Tutti abbiamo gioito nel vederti felice quel giorno, accanto a tua madre e a tuo padre. Ma quanta sofferenza dietro quella gioia! Una gioia che poggiava i piedi nel difficile combattimento tra morte e vita, tra timore e speranza, tra dubbi e certezze, tra malattia e vita. Questo conflitto ha prodotto la saldezza della tua fede e della tua consacrazione al Signore. La tua vita consacrata e il tuo sacerdozio si sono nutriti e sono cresciuti all’interno di questo conflitto, del quale non solo tua mamma, ma anche tu e tuo padre avete bevuto fino alla feccia il calice. Se rileggiamo attentamente il Salmo che abbiamo pregato alla luce di quanto abbiamo detto, forse riusciremo a capire tante cose di questo conflitto. Sono cose che appartengono al riserbo affettuoso tra genitore e figlio, tra una madre che vede la sua vita in pericolo ed un figlio che la sostiene nella fede ma che teme anche lui che la mamma finisca.
In questi anni di malattia la vicenda della salute fisica della signora Carmela ha incrociato l’ultimo tratto di strada della vocazione di Francesco. Speranze e timori hanno fatto altalena nell’animo di mamma Carmela, di papà Rocco e di Francesco. Speranze e timori di guarigione, speranze e timori di non poter gustare con la famiglia tutta unita e presente la gioia del sacerdozio di Francesco. In questa altalena di speranza e di timore, che papà Rocco e Francesco custodiscono nell’anima, il Salmo che abbiamo pregato ha gettato certamente una grande luce. “Il Signore è il mio pastore, di cosa devo temere? Se dovessi camminare in una valle oscura – la lotta tra vita e morte, tra malattia e salute – tu sei con me sempre” (Sal 23). É la fede di chi crede in un Dio che guida la nostra vita. Carissimi fratelli, noi siamo abituati a considerare la fede come un dono che noi facciamo a Dio, o ancor peggio come una tassa che noi paghiamo, con l’illusione di garantirci da Dio ciò che noi vogliamo. Io credo: Dio deve darmi queste certezze, la salute, il denaro ecc. Se noi non le otteniamo, la fede va in crisi e diciamo che il Signore è cattivo, che non si è dimostrato padre con noi. E allora dinanzi a questa morte noi siamo tentati di rimproverare Dio: “Ma come? Così hai ripagato il sacrificio dei genitori, che hanno accettato che il loro unico figlio si consacrasse a te? Non doveva questa famiglia essere benedetta da Dio con tanti doni, anche in questa vita?”. Questa sofferenza e morte della signora Carmela ci sembrano quasi una cattiveria da parte di Dio.
Questi interrogativi sono il prodotto di un rapporto interessato con Dio, che non è vera fede. La vera fede è invece accettazione che il mistero di Dio pervada tutta la vita dell’uomo. E quando siamo abituati a vedere la morte come un castigo di Dio, un’interruzione crudele della vita, quando chi ci lascia non è ancora molto vecchio, non riusciamo a capire che la vita è vocazione da parte di Dio, che ci affida una missione. E quando essa è finita, qualunque sia la nostra età, ci chiede di tornare a Lui, per il semplice fatto che la missione che ci ha dato è compiuta. Quando s. Agostino piangeva dinanzi alla madre Monica, lei lo rimproverò e lo richiamò alla fede: “Non devi piangere. La mia missione è finita; per questo è necessario che io muoia”. In questa cura per la fede del figlio Monica vedeva la sua missione. Ricordate, Agostino è stato per tanti anni lontano dalla fede. “Ho pregato per la tua fede, ti ho visto battezzato e cattolico, anzi sacerdote. Che cosa faccio io ancora qui in terra? La mia missione è finita. Torno al Padre”.
La vita della signora Carmela non è stata spezzata dalla vittoria della morte sulla sua vita, ma solamente ha compiuto la sua missione ed è tornata alla casa del Padre. Certamente all’interno di questa missione, che si è compiuta per tutta la vita, ce n’è stata una particolare: l’accompagnamento della vocazione del figlio. Che è cresciuta all’insegna di questo combattimento. E questo combattimento renderà Francesco capace di accompagnare con amore e compassione quanti sono segnati da questo conflitto: morte e vita, speranza e timore, sofferenza e salute. Conflitto che riguarda sia la salute fisica che anche l’interiore dell’uomo. Carissimi papà Rocco e Francesco, accogliete in questo modo la morte della nostra sorella Carmela: analizzata così, la sua vita, accanto alla vocazione religiosa e sacerdotale del figlio. Non sappiamo noi il legame misterioso che ha unito la sofferenza della mamma alla vocazione sacerdotale del figlio. Tu, Francesco, custodisci questa vocazione come il frutto più prezioso della vita di tua madre e l’eredità più ricca che ella ha custodito con te, e che ora ti lascia.
Questa, fratelli carissimi, è la nostra fede pasquale. Anche se non riusciamo sempre a leggere sino in fondo il comportamento di Dio, e perciò il mistero del nostro dolore e della nostra morte, la certezza della resurrezione di Colui che, autore della vita, ha vinto la morte, è per noi motivo di fiducia e di speranza. La nostra liturgia oggi è liturgia di speranza e di vita. Anche se con sacrificio e difficoltà, noi riusciamo ad elevarci al di sopra di questa bara, e a guardare con fiducia a quanto abbiamo ascoltato del profeta Isaia: la promessa di una morte eliminata per sempre, di lacrime asciugate (cfr. Is 25,6-9). Questa promessa si è compiuta in Gesù, primizia di quanti muoiono con Lui. Questo funerale lo celebriamo nel segno di una vita che ha già sconfitto la morte. Cosa rimane alla morte? Solo un corpo esanime, condannato alla corruzione. La vera vita, quella che tocca la mente e il cuore di una persona, e che ha fatto della nostra sorella Carmela la credente in Dio, la sposa, la mamma, la persona operosa e sincera... quella vita non è finita. Sta continuando in Paradiso. Ma è quella la vera vita; ecco perché la morte è stata sconfitta, perché la vera vita continua. A noi resta continuare il nostro percorso di fede. Il vuoto della persona cara lo sentiamo, ma la fede e l’amore vicendevole ci rende capaci di superarlo.
Ricordiamo Gesù sulla croce. Vede la madre e Giovanni (Gv 19,25-27). Era consapevole, Lui, tra i mille spasimi della morte, del vuoto che avrebbe lasciato in Maria e nel discepolo prediletto. In una scena straordinariamente bella che ci narra Giovanni, dove l’umanità di Gesù e la compassione di Dio si congiungono. L’umanità di Gesù che vede la madre, e la compassione di Dio che vede l’umanità intera. L’amore di Giovanni e di Maria dovrà colmare il vuoto che lascia Gesù. Maria ci è consegnata perché tutti i vuoti di fede siano colmati con la sua presenza e la sua intercessione. Caro Francesco, Maria è ora l’unica vera madre che non tradisce mai. Fatti prendere per mano da lei e cammina sicuro. Dietro la mano di Maria, lo sai molto bene, c’è anche quella di mamma Carmela, che dall’alto non abbandona né te né tuo papà Rocco. É questa la preghiera che in questo momento vogliamo rivolgere al Signore. Amen.