“La vergine si chiamava Maria” (Lc 1,27). Oggi è la memoria del Santissimo nome di Maria! Che quest’anno coincide provvidenzialmente con la solennità di Maria Madre della Consolazione, patrona della diocesi di Reggio Calabria-Bova. Questo il nome santo, sublime che abbiamo ripetuto in questi giorni tutti mariani, dalla Natività all’Addolorata. Questo il nome dolcissimo che il nostro patrono s. Massimiliano Maria Kolbe volle aggiungere al suo nome di religioso. Questo il nome che ricorre innumerevoli volte nei suoi scritti, ardenti di amore per Lei.
«Il nome di Maria è strettamente unito alla croce di Gesù» (SK 206), osservava padre Kolbe contemplando quel piccolo trattato di “mariologia in immagini” che è la Medaglia Miracolosa. Sì, perché tra i tanti simboli di cui è ricca la Medaglia, uno ha attirato la particolare attenzione di devoti, teologi e iconografi: la lettera “M” è come incastonata tra la croce e una linea orizzontale, interpretata ora come un altare ora come una “I” rovesciata, iniziale del nome latino “Iesus”. Inscindibile l’unione tra i due santissimi nomi.
Ecco perché possiamo invocare con forza e fiducia il nome dolcissimo della Mediatrice di ogni grazia. Domenica scorsa p. Francesco ci ha ricordato la potenza di questo nome attraverso un suggestivo gesto, segno concreto e visibile della consegna totale di noi stessi a Maria. «Quale serenità offre il santo nome “Maria”! Ripetiamolo spesso nel fondo dell’anima. Divenga il respiro del nostro cuore» (SK 426). Così ci esorta ancora san Massimiliano. Che di quel nome aveva fatto davvero il respiro d’ogni istante, il ritmo della sua vita quotidiana: «Prima, durante, dopo l’azione e nelle difficoltà: “Maria”» (976). Un esercizio, quello delle giaculatorie, che forse abbiamo perso. Ma che ci aiuta a mantenere cuore e mente immersi in Dio, attraverso sua Madre, nelle frenetiche occupazioni d’ogni giorno.
E poi, quale strumento migliore per sintonizzare il nostro cuore con i battiti del Cuore della Madre, se non il santo rosario? P. Francesco ha osservato che i grani della corona simboleggiano piccole perle preziose con cui onoriamo la nostra Regina. Ma richiamano anche i chicchi di melograno che decoravano la tunica del sacerdote Aronne (cfr. Es 28), indicando il rosario come preghiera privilegiata di preparazione alla celebrazione eucaristica. Questa ripetizione incessante del nome di Maria, che immediatamente ci conduce, attraverso Gesù, nel cuore stesso della Trinità, risuonava come un canto nell’anima di padre Kolbe. Un canto estatico, da vero innamorato: «O Immacolata, Immacolata, Immacolata, Immacolata! Quant’è dolce, quant’è gradito al cuore di un figlio il Tuo Nome santo! Come risuona piacevolmente nell’anima! Che stupenda melodia!» (991R).
E allora, affidiamoci a Lei, nostra Consolatrice, con le belle parole della tradizione. Chiediamole di mostrarci il suo bel volto, di “sorriderci qual stella”. E ascoltiamo le consolanti parole di san Massimiliano, cavaliere e araldo del suo tenerissimo amore materno per ogni uomo: «Lo dico a tutti insieme e a ciascuno in particolare nel Suo nome, notate bene, nel Suo nome: Ella ama ciascuno di voi, vi ama assai e in ogni momento senza alcuna eccezione. Questo, carissimi Figli, ve lo ripeto nel Suo Nome» (SK 509).