Addolorata: un titolo mariano decisamente fuori moda. In una società che quasi ossessivamente tenta di esorcizzare in mille modi la realtà del dolore e della morte. Dimenticando che è dal dolore che ognuno di noi riceve la vita. Il dolore di un parto. Non solo i dolori di una madre terrena che ci dà alla luce. Ma anche quelli della Madre Celeste, intimamente unita al dolore redentivo di Cristo. È Lei che ci ha partoriti alla vita nuova, sotto la croce.
Ecco perché ogni anno, alla Cittadella dell’Immacolata, è immancabile l’appuntamento con la Madre Addolorata. Ed è festa grande! Un paradosso, forse: come si può festeggiare il dolore, e un dolore così intenso come quello che ha sperimentato Maria? Noi festeggiamo perché ringraziamo la Madre che ha sofferto per noi. Noi festeggiamo perché riconosciamo che quel dolore non è stato sterile, ma fonte di vita per tutti noi. Noi festeggiamo perché chiediamo alla Donna intrepida, alla Donna del dolore, di insegnarci a vivere ogni nostro dolore, dal più piccolo al più grande, in modo fecondo. Unendolo alla Passione di Cristo, perché sia occasione di salvezza per noi e per gli altri: “do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24).
La Liturgia di domenica 17 settembre ha offerto un’occasione unica per sottolineare un aspetto della vita che è spesso causa di dolore: la nostra incapacità di ricevere il perdono di Dio e di offrirlo ai fratelli. La parabola raccontata da Gesù per insegnarci a perdonare “settanta volte sette” (Mt 18,22), trova uno specchio limpido proprio in Maria. Perché lei ha scelto di perdonare, come Gesù (Lc 23,34), proprio coloro che lo stavano crocifiggendo. Sì: Maria in un certo senso «ha preferito noi a Gesù»: un’espressione ardita con cui p. Francesco ha voluto sottolineare l’immensità dell’amore di Maria per ciascuno di noi. Lei è rimasta sotto la croce del Figlio «associandosi con animo materno al suo sacrifico, amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata» (Lumen Gentium 58).
Davanti a tanto amore, come rimanere insensibili? Ecco la necessità di un serio cammino di conversione, per conformare sempre più la nostra vita a Cristo. Dopo la celebrazione eucaristica serale ha avuto inizio la “Via Matris” per i viali della Cittadella. Una preghiera poco conosciuta ma di grande valore spirituale: è la “Via Crucis” di Maria. Un cammino in sette tappe che ci fa ripercorrere con Lei i momenti più dolorosi della sua vita terrena. Che sono stati anche i più fecondi. Dalla profezia di Simeone al Tempio – “e anche a te una spada trafiggerà l'anima” (Lc 2,35) – passando per la fuga in Egitto e l’angosciosa ricerca del figlio dodicenne a Gerusalemme. Per culminare con le quattro “stazioni mariane” del Calvario, fino alla sepoltura di Gesù, a cui Maria assiste col cuore gonfio di dolore ma anche di speranza, in attesa della resurrezione.
In ascolto dalla Parola, tra canti, meditazioni e invocazioni corali abbiamo accompagnato la dolcissima e maestosa statua dell’Addolorata in questo cammino, rischiarato da piccole fiaccole nel buio della sera. Un segno forte che ci ricorda quanto sia importante, soprattutto nei momenti di dolore, camminare insieme – fuggendo ogni forma di isolamento e chiusura – tenendo accesa la fiaccola della fede. Un momento indimenticabile di grazia. Una giornata di incontro autentico con il Signore, attraverso i sacramenti. Moltissime persone si sono accostate al sacramento della Riconciliazione, grazie alla generosa disponibilità dei Fratelli sacerdoti. E davvero copiosa la partecipazione dei fedeli alle sante Messe, tra cui un gruppo della Concattedrale S. Nicola di Palmi (RC) e numerosi pellegrini provenienti da Reggio Calabria, Fossato Ionico, Melito Porto Salvo e Saline Ioniche.
Un segno di speranza! In un mondo scristianizzato e disorientato, il profumo della santità di Maria continua ad attirare ancora tanti figli al Suo Cuore materno. Per riconsegnarli al Cuore del Suo Figlio divino, traboccante di misericordia. Grazie, o Madre Addolorata, perché guardando te e camminando con te, il nostro dolore non è più uno sterile non-senso. Ma diventa fecondo, partorendoci giorno dopo giorno alla felicità senza fine!